Recensione a cura di Eli Brant
Chiudo con quest’album la mia personalissima trilogia dei migliori dischi del 2012.
E purtroppo questo è anche il canto del cigno di una (o forse LA) migliore band degli anni “00”.
Spero quindi che possiate perdonarmi per la lunghezza e prolissità , ma non posso non omaggiare una band che mi ha accompagnato e segnato per dieci anni.
Nati dalla scissione turbolenta della più significativa band post-hardcore degli anni ’90 - gli At the drive in (ascolta il loro capolavoro “Relationship of command”) - Omar Rodriguez Lopez (chitarra) e Cedric Bixler-Zavala (voce) danno vita ad una meravigliosa creatura, i Mars Volta appunto.
Il primo album (De-loused in the comatorium) è universalmente considerato il loro capolavoro. In cabina di regia c’era il padrino del rock dell’ultimo ventennio (RHCP-Blood sugar sex magic, SOAD – Toxicity, Audioslave) ossia il guru, Rick Rubin.
Comprendendo di avere tra le mani una gemma racchiusa in un magma grezzo e pronto ad esplodere, Rubin tenta di modellarla, dando alla sua creatura una parvenza di forma, quella che lui riteneva più accessibile nonostante l’asprezza e la novità del sound.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: un’opera straordinaria che a dieci anni dalla sua uscita suona ancora sorprendente ed accattivante allo stesso tempo.
Le esperienze successive dei Mars Volta sono contraddistinte da una cambio di rotta sia nella produzione (tutti gli altri album saranno ad opera del solo Omar) che nel risultato. I quattro capitoli successivi si alternano tra alti (Amputechture) ed anche qualche basso (Octahedron) non riuscendo però più a sintetizzare compiutamente energie e sound in una proposta definita e perfettamente godibile.
Più che progressive-rock, infatti, queste sono state tutte opere per affezionati e fan del genere-Mars Volta, molte delle quali concept album con testi criptici ma anche sonorità ammalianti.
E finalmente arriviamo al 2012.
Noctourniquet sarebbe stato a mio avviso, l’album della svolta, rimanendo invece (per ora) solo l’ultimo capitolo di una band immensa.
Lo considero infatti l’LP della maturità in cui le derive “lisergiche” e deliranti dei due di El Paso (Texas) hanno modo di trovare la pace.
Non c’è più rabbia furiosa fine a se stessa. E neppure girigori ed artifici sonori impenetrabili.
Certo stiamo sempre parlando dei Mars Volta e quindi la forma-canzone risulta necessariamente snaturata e stravolta, ma come dire... ci siamo!
Non bisogna mettersi di impegno e dedicare mesi di ascolto per riuscire a digerire una matassa di idee e convulsioni ritmiche imperscrutabili.
Siamo alla summa del progetto Mars Volta.
Melodia e virtuosismi tecnici si vengono incontro e grazie ad un forte ma equilibrato (nonché del tutto nuovo) apporto di elettronica, si giunge ad un equazione vincente e splendente.
E’ un album “controllato”, ricchissimo come sempre di spunti e idee sconvolgenti: come se si creasse un mondo immaginifico all’interno del quale ognuno ha la possibilità di ritrovare il proprio.
I brani sono dei piccoli microsistemi in cui riscontrare una moltitudine di canzoni l’una all’interno dell’altra. Una vera e propria giungla di suoni e sommovimenti dell’animo.
Insomma, non c’è alcun modo di restare indifferenti a Noctourniquet.
L’aspetto vincente di questo capitolo sta però nella fruibilità (rispetto al passato!) ed anche nella melodicità (che già s’era vista in alcuni episodi del passato, ad es. Televators, The Widow, Since I’ve been wrong) che permea costantemente i brani.
L’album si caratterizza nella prima parte per un crescendo di radiosa bellezza (quella dei grandi capolavori), dove l’esaltazione musicale giunge fino all’apice di “In Absentia” ed “Imago” per poi tornare, nella seconda parte, ad una normalità più gestibile.
Come in ogni opera dei Mars Volta, per quanto meraviglioso, è quasi inutile comprendere la portata di un singolo brano se non accompagnata dall’ascolto dell’intero album.
L’ho già detto, ma lo ripeto con convinzione.
Questo è l’album del 2012.
Addio Mars Volta.
O forse solo arrivederci.
Chiudo con quest’album la mia personalissima trilogia dei migliori dischi del 2012.
E purtroppo questo è anche il canto del cigno di una (o forse LA) migliore band degli anni “00”.
Spero quindi che possiate perdonarmi per la lunghezza e prolissità , ma non posso non omaggiare una band che mi ha accompagnato e segnato per dieci anni.
Nati dalla scissione turbolenta della più significativa band post-hardcore degli anni ’90 - gli At the drive in (ascolta il loro capolavoro “Relationship of command”) - Omar Rodriguez Lopez (chitarra) e Cedric Bixler-Zavala (voce) danno vita ad una meravigliosa creatura, i Mars Volta appunto.
Il primo album (De-loused in the comatorium) è universalmente considerato il loro capolavoro. In cabina di regia c’era il padrino del rock dell’ultimo ventennio (RHCP-Blood sugar sex magic, SOAD – Toxicity, Audioslave) ossia il guru, Rick Rubin.
Comprendendo di avere tra le mani una gemma racchiusa in un magma grezzo e pronto ad esplodere, Rubin tenta di modellarla, dando alla sua creatura una parvenza di forma, quella che lui riteneva più accessibile nonostante l’asprezza e la novità del sound.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: un’opera straordinaria che a dieci anni dalla sua uscita suona ancora sorprendente ed accattivante allo stesso tempo.
Le esperienze successive dei Mars Volta sono contraddistinte da una cambio di rotta sia nella produzione (tutti gli altri album saranno ad opera del solo Omar) che nel risultato. I quattro capitoli successivi si alternano tra alti (Amputechture) ed anche qualche basso (Octahedron) non riuscendo però più a sintetizzare compiutamente energie e sound in una proposta definita e perfettamente godibile.
Più che progressive-rock, infatti, queste sono state tutte opere per affezionati e fan del genere-Mars Volta, molte delle quali concept album con testi criptici ma anche sonorità ammalianti.
E finalmente arriviamo al 2012.
Noctourniquet sarebbe stato a mio avviso, l’album della svolta, rimanendo invece (per ora) solo l’ultimo capitolo di una band immensa.
Lo considero infatti l’LP della maturità in cui le derive “lisergiche” e deliranti dei due di El Paso (Texas) hanno modo di trovare la pace.
Non c’è più rabbia furiosa fine a se stessa. E neppure girigori ed artifici sonori impenetrabili.
Certo stiamo sempre parlando dei Mars Volta e quindi la forma-canzone risulta necessariamente snaturata e stravolta, ma come dire... ci siamo!
Non bisogna mettersi di impegno e dedicare mesi di ascolto per riuscire a digerire una matassa di idee e convulsioni ritmiche imperscrutabili.
Siamo alla summa del progetto Mars Volta.
Melodia e virtuosismi tecnici si vengono incontro e grazie ad un forte ma equilibrato (nonché del tutto nuovo) apporto di elettronica, si giunge ad un equazione vincente e splendente.
E’ un album “controllato”, ricchissimo come sempre di spunti e idee sconvolgenti: come se si creasse un mondo immaginifico all’interno del quale ognuno ha la possibilità di ritrovare il proprio.
I brani sono dei piccoli microsistemi in cui riscontrare una moltitudine di canzoni l’una all’interno dell’altra. Una vera e propria giungla di suoni e sommovimenti dell’animo.
Insomma, non c’è alcun modo di restare indifferenti a Noctourniquet.
L’aspetto vincente di questo capitolo sta però nella fruibilità (rispetto al passato!) ed anche nella melodicità (che già s’era vista in alcuni episodi del passato, ad es. Televators, The Widow, Since I’ve been wrong) che permea costantemente i brani.
L’album si caratterizza nella prima parte per un crescendo di radiosa bellezza (quella dei grandi capolavori), dove l’esaltazione musicale giunge fino all’apice di “In Absentia” ed “Imago” per poi tornare, nella seconda parte, ad una normalità più gestibile.
Come in ogni opera dei Mars Volta, per quanto meraviglioso, è quasi inutile comprendere la portata di un singolo brano se non accompagnata dall’ascolto dell’intero album.
L’ho già detto, ma lo ripeto con convinzione.
Questo è l’album del 2012.
Addio Mars Volta.
O forse solo arrivederci.
Voto: 90/100
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