Recensione: Black rebel motorcycle club - Specter at the feast (2013)


Recensione a cura di Fabio S.

Ogni volta che esce un nuovo album dei BRMC vado un po’ in ansia, perché sin dal 2001, quando rimasi folgorato da “Whatever Happened to my Rock ‘n’ Roll”, ho iniziato a seguirli senza mai abbandonarli, sviluppando una particolare affezione per questa band. (Gli ho persino perdonato il terribile esperimento strumentale di The Effects of 666, ma vabè, una litigata in 12 anni ci sta tutta). Ansia perché nonostante abbiano sviluppato un loro preciso suono, le loro influenze sono così tante che ogni volta mi chiedo in che direzione vada il loro nuovo lavoro. In sostanza è ansia di rimanere delusi, di essere traditi. Ma basta un solo ascolto per liberarsi di ogni strano pensiero e di rilassarsi, perché “Specter at the Feast” è assolutamente meraviglioso.

Le premesse c’erano tutte, perché a detta di Peter Hayes, quest’album nasce dalla loro anima più profonda, citando come principale ispirazione Spiritualized e Pink Floyd. Se si considera che la band è stata segnata dall’improvvisa morte di Michael Been, ingegnere sonoro storico della band, nonché padre di Robert Been, come non crederli.

Infatti quest’album presenta il suono caratteristico del gruppo, ma portato ad un livello superiore di maturazione, profondità e intensità, o forse riporta, perché ricorda più i primi due album che gli ultimi. Si inizia con Fire Walker, traccia lunga e melodica, con il tipico basso distorto di Robert, insomma, un marchio di fabbrica. Segue la vivace Let the Day Begin, il loro omaggio alla scomparsa di Michael Been, dato che si tratta di una cover della sua ex band, i The Call.
Con le due tracce successive, Returning e Lullaby, si entra in modalità Pink Floyd. Entrambe rappresentano al meglio il concetto di anima espresso dalla band. La prima in particolare è sicuramente la traccia più triste, malinconica e struggente dell’album, con un testo molto profondo; una canzone quasi immacolata.
E’ tempo però di mettersi la giacchetta di pelle e le converse, perché con le prossime tre tracce si entra in zona punk/rock, come ci hanno sempre abituati. Hate the Taste alterna strofe più lente a ritornelli vivaci e aggressivi. Rival esalta invece la batteria di Leah Shapiro , che presenta infatti la ritmica più originale dell’intero album. Teenage Disease è cattiva e arrabbiata, con la cresta e le borchie, è la perfetta candidata a ereditare il testimone di inno punk della band, direttamente da sua maestà Whatever Happened to my Rock ‘n’ Roll. Yeah!!
Bene, vi siete sfuriati abbastanza? Spero di sì, perché è tempo di sedersi e abbassare le luci, perché Some Kind of Ghost rappresenta l’ennesimo marchio di fabbrica del gruppo, questa volta in chiave blues/folk, lento e tranquillo. E si procede con l’inno gospel dell’album, Sometimes the Light. Avevano citato Spiritualized come fonte di ispirazione no? Bene, eccoli. Questo brano non sfigurerebbe se venisse suonato durante una messa liturgica. Ma ci avevano abituati anche a questo, quindi perché meravigliarsi.

Ci avviamo verso la fine del disco, mancano tre tracce. Funny Games è carica di effetti: basso distorto, chitarra con reverber e delay, voce con echo; preludio perfetto al suono maledettamente grunge (oh si, goduria) di Sell It. Una canzone lunga e sporca, che potrebbe tranquillamente essere inserita in una raccolta di Seattle degli anni 90’. Ci piace, e tanto!
Ma ai BRMC non piace chiudere facendo “caciara”, infatti via tutti gli effetti, si torna a suoni puliti, a tonalità melodiche e malinconiche, che sfiorano il pop. Lose Yourself è la lunga (quasi 9 min) ballad con cui si chiude alla grande questo bellissimo album.
Conclusioni? Nati nel 1998, al loro settimo album, i BRMC possono solamente dare conferme ai loro fan. Partendo da tante e diverse influenze, sono sempre capaci di sfruttarle al meglio, gestendole con grande capacità, intelligenza e maturità, per dare vita al loro suono, che ormai è inconfondibile, e realizzare una piccola gemma come questa. Ce n’é un po’ per tutti i gusti insomma: alternative, punk, blues, folk, garage, psychedelic, gospel.... tutto magistralmente amalgamato, che da vita ad un suono che sicuramente continuerà ad ispirare tantissime band, come ha sempre fatto.
Che dire, I just love Black Rebel Motorcycle Club.

Voto: 80/100
Top Tracks: Returning, Teenage Disease, Sell It.

1) Fire walker
2) Let the day begin
3) Returning 
4) Lullaby
5) Hate the Taste
6) Rival
7) Teenage disease
8) Some kind of ghost
9) Sometimes the light
10) Funny games
11) Sell it
12) Lose yourself
Giovanni Gagliano

Passionate about music I wrote my first article for "Given To Rock" in 2012, reaching now 30K global followers. I am also a musician, gigging around London.

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