Recensione: Robert Plant - Carry Fire (2017)


Guardavo l'app della BBC in TV e mi è apparso, fra le opzioni disponibili, il concerto di Robert Plant ai Maida Vale studios di Londra. Considerando che l'alternativa era cliccare su un'icona di Liam Gallagher che riusciva ad essere arrogante anche senza parlare, ci clicco su e mi guardo il concerto. La mia ragazza mi raggiunge e mi chiede "chi è questo vecchietto dall'aria docile?" Non aveva tutti i torti, dato che tra una canzone e l'altra si vedeva Mr. Plant intervistato con una tazza di tea in mano (che più British non si può) parlando tra l'altro con un tono pacatissimo. 

Non sono mai stato un grande fan dei Led Zeppelin e di Robert Plant, ma le canzoni che ho ascoltato in questo live mi sono piaciute, quindi ho deciso di approcciarmi a questo Carry fire, ennesimo capitolo (siamo a quota 11) della carriera di Plant. Quello che mi ha colpito di più di queste composizioni è la varietà di strumenti (il chitarrista cambiava una chitarra a pezzo, mannaggia a lui che puó farlo...) e degli arrangiamenti, spesso etnici/folk e pieni di gustosi particolari. Per essere chiari, vi avviso subito che tutto quello che ho ascoltato, con i Led Zeppelin c'entrano poco o nulla, nel caso aveste lasciato Roberto Pianta (scusate, non ho saputo resistere) al periodo della sua band madre. Ovvio che c'é qualcosa nello spirito, ma i ritmi sono decisamente altri e gli Sensational Space Shifters (e Redi Hasa e Seth Lakeman alla viola e al violino) hanno un'anima decisamente differente rispetto ai vari Bonham, Page e Jones.

La primissima parte del disco ha ritmi molto compassati e nonostante l'ottima qualitá della musica qualche sbadiglio potrebbe presentarsi. Anche la voglia di spegnere il disco, se non siete nel mood giusto, devo ammettere. Ribadisco che le canzoni sono tutt'altro che malvagie, specialmente New world... che puó essere un ottimo esempio di come poter fare una canzone pop rock di qualitá.
Il meglio del disco arriva secondo me dopo qualche traccia, con i ritmi leggermente piú alti di Carving Up the World Again... a Wall and Not a Fence, con l'etnica che piú etnica non si puó title track, con la rockeggiante Bones of Saint (che era quella che mi era piaciuta forse di piú nel concerto citato in apertura), con la cover dello standard anni 50 Bluebirds Over the Mountain e con la conclusiva atmosferica Heaven Sent che se ascoltata al momento giusto potrá farvi venire facilmente qualche brivido lungo la schiena.

Quasi scontato dire che in sede live le canzoni avevano un brio decisamente maggiore e anche i pezzi piú "soporiferi" (non me ne vogliate, mi piace questo termine) risultavano piú brillanti rispetto al disco, che rimane comunque prodotto con estrema classe. Sicuramente non per tutti e non per tutti i momenti della giornata, ma quando siete nel mood giusto questo Carry Fire potrá regalarvi delle soddisfazioni.

Voto 68/100
Top tracks: Carry Fire, Bones of Saints, Bluebirds Over the Mountain

Tracklist
01. The May Queen
02. New World...
03. Season's Song
04. Dance With You Tonight
05. Carving Up the World Again... a Wall and Not a Fence
06. A Way With Words
07. Carry Fire
08. Bones of Saints
09. Keep it Hid
10. Bluebirds Over the Mountain
11. Heaven Sent

Giovanni Gagliano

Passionate about music I wrote my first article for "Given To Rock" in 2012, reaching now 30K global followers. I am also a musician, gigging around London.

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