Recensione: Alter Bridge - Walk The Sky (2019)


Anticipato da ben 5 singoli (5?!?!) eccomi qui a scrivere del nuovo album degli Alter bridge, band che ho sempre seguito e che, secondo il mio personalissimo giudizio, ha toccato la vetta inarrivabile della sua carriera nel recente live con l'orchestra alla Royal Albert Hall (io c'ero!).

Ho apprezzato questo nuovo Walk the sky? Molto. Mi é piaciuto? Manco per niente.

Mi spiego: sono stato fra i primi che aveva "accusato" in passato la premiata ditta Tremonti / Kennedy di un certo immobilismo compositivo e questo Walk the sky invece, suona abbastanza diverso rispetto alla solita produzione della band americana (sound onestamente un po' cambiato giá dall'ultimo album The last hero, uscito nel 2016.). Dovrebbe essere tutto ok, quindi, invece c'é un "peró" quanto una casa.

Trovo i pezzi di questo disco estremamente iperprodotti (per sopperire alla mancanza di idee?) e privi di spunti musicali degni di nota (cito le lunghe title track degli scorsi album, senza tornare per forza ai fasti dei primi due album), con tutte le canzoni che ruotano quasi sempre intorno alla linea vocale, che non sarebbe per forza un male, ci mancherebbe, se ci fosse buona ispirazione. Il mood delle canzoni è pure cambiato, con atmosfere che tendono più all'"allegro" rispetto al passato (One life e Godspeed, per dirne due), altre che avrebbero tutto per colpire nel segno ma alla fine non lo fanno (Native son, Clear horizon) e altre che davvero non hanno troppo motivo di esistere, tipo In the deep o Tear us apart (scusate la cattiveria, ma pretendo molto da due compositori del genere). Altro appunto, banale per chi mi segue da tempo: l'album dura davvero troppo per il contenuto proposto, ma questo é un difetto che trovo in praticamente tutti gli album della band. 14 pezzi per piú di un'ora di durata li accetto solo per brani con qualitá diverse da questi.

Dicevo prima del sound diverso: avevo giá visto con voi un paio di canzoni, tipo Pay no mind, e Wouldn’t You Rather (vi lascio il videoclip a fondo pagina) dove avevo notato delle differenze compositive evidenti ma che hanno davvero rappresentato il trend dell'album. Difatti, l'unica canzone che mi é piaciuta senza riserve e fin dal primo ascolto, é la "classica" canzone Alter bridge, la conclusiva Dying light, senza dubbio il pezzo piú bello dell'album per il sottoscritto, che mi riporta alle atmosfere della mia amata Blackbird.

C'é anche la "solita" canzone cantata da interamente Tremonti (ormai consuetudine della band), una Forever falling che mi sarebbe potuta piacere (gran drumming, a proposito) se non fosse cosí, appunto, pesantemente lavorata nei suoni e avesse un arrangiamento che trovo pesante e invasivo. Mi suona quasi "finta", se capite quello che voglio dire. Una (rara) canzone con soluzioni diverse rispetto al passato che però trovo molto ispirata é The bitter end e con un ritornello, stavolta, decisamente all'altezza, elemento raro in questo disco. Una delle migliori dell'album, decisamente.

Ora, non voglio certo passare per il bacchettone che vuole ascoltare sempre le solite cose dalle band che ama, ma a me i "nuovi" Alter Bridge non emozionano neanche un po'. La classe c'é sempre, ci mancherebbe, ma le canzoni che mi piacciono davvero negli ultimi due album si contano sulle dita di una mano, e forse rimane anche spazio.

Voto 59/100
Top tracks: The bitter end, Dying light.
Skip tracks: Tear us apart, in the deep.

Tracklist
01. One Life
02. Wouldn’t You Rather
03. In The Deep
04. Godspeed
05. Native Son
06. Take The Crown
07. Indoctrination
08. The Bitter End
09. Pay No Mind
10. Forever Falling
11. Clear Horizon
12. Walking On The Sky
13. Tear Us Apart
14. Dying Light

 
Giovanni Gagliano

Passionate about music I wrote my first article for "Given To Rock" in 2012, reaching now 30K global followers. I am also a musician, gigging around London.

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