Oggi facciamo quattro chiacchiere con Armando De Angelis, il mastermind del gruppo Mindfar, che ha appena rilasciato il disco Prophet of the astral god, interessantissima Metal opera appena uscita. Il disco succede al debut The dark Tower, del 2017.
Ciao Armando, complimenti vivissimi per il disco e benvenuto a questa intervista.
Ciao Giovanni, grazie mille per i complimenti, per questo spazio e per aver dedicato del tempo a questo progetto. Sono felice che ti piaccia!
2) Si riconoscono diverse influenze musicali nell’album. Quali sono state quelle più importanti per voi?
Le mie influenze come compositore sono le più svariate. Ogni nuovo brano risulta influenzato da qualcosa di diverso. Il lato progressive che avevo mostrato nel primo album Mindfar (The Dark Tower, del 2017), in questa occasione è stato affiancato da influenze più melodiche e dirette, e quindi classic/power. La parte sinfonica inoltre è molto più accentuata, perché semplicemente è questo che la storia richiedeva.
3) In ‘The Eye of Ra’ ci sono passaggi orientaleggianti. Ti sei ispirato anche ad atmosfere etniche o folk nella composizione del disco?
Non direi. La composizione delle singole canzoni era come un gioco, una sfida compositiva: trasmettere in musica l’atmosfera del periodo storico di cui si parlava nel testo. “The eye of Ra” è ovviamente ambientata nell’antico Egitto, quindi mi è sembrato naturale usare strumenti etnici e scale orientali, per dare un sapore musicale adatto. Lo stesso concetto è applicabile a ogni brano e ogni ambientazione.
4) Il periodo di quarantena ti ha aiutato come artista? Magari dandoti più tempo da dedicare in fase di scrittura o registrazione?
Quando il primo lockdown è iniziato, erano già stati registrati tutti gli strumenti dai vari musicisti, eravamo nella fase della registrazione delle voci. I cinque straordinari cantanti ospiti hanno avuto più tempo da dedicare alle registrazioni, perché purtroppo le loro attività live sono state interrotte dalla pandemia ed erano, loro malgrado, liberi da altri impegni. In questo senso, la registrazione è stata velocizzata. Quanto a me, ho potuto dedicarmi con maggiore intensità in quel periodo allo studio della musica e alla composizione di nuovo materiale (attività , questa, che comunque non conosce sosta), oltre che alla gestione di tutto il lavoro per questo album.
5) Di quale aspetto del disco sei più soddisfatto?
In questo particolare momento, all’indomani della pubblicazione, sono soddisfatto di ogni singola componente del disco, sia musicale, lirica, tecnica e grafica... non sono lucido nel giudizio, ovviamente. Inoltre c’è un altro aspetto che mi dà grande soddisfazione: aver creato una rete di belle persone, di bei rapporti umani e musicali, da cui so per certo che nascerà nuova musica, indipendentemente da me o da Mindfar. La squadra di ‘Prophet of the Astral Gods’ è fatta sì di grandi artisti, ma anche di ottime persone.
6) L’album è stato realizzato con la partecipazione di tanti musicisti e cantanti ospiti. Quali sono le differenze tra un progetto come Mindfar ed i meccanismi di una band “convenzionale”?
C’è tantissima differenza. In una band c’è bisogno di cose diverse; In Mindfar non è necessario essere tutti presenti in una sala prove, non è necessario essere d’accordo su ogni nota, non è necessario partecipare a un certo disco o brano se non si vuole. D’altra parte, in Mindfar non puoi seguire fisicamente le registrazioni di tutti Diverse difficoltà che sarebbe facile affrontare in una band, diventano più opprimenti e frenanti, se affrontate da soli. Oltre a gestire Mindfar, comunque, sono attualmente nella nuova line up dei Ghost City, coi quali stiamo lavorando a un nuovo disco, di cui è stato pubblicato il primo singolo (The Prestige, nel 2020), per cui non mi faccio mancare neanche il lavoro da band.
7) E' stato difficile coordinare così tante persone nella realizzazione del disco?
È stato difficilissimo, una delle cose più difficili che abbia mai fatto. Nel corso del tempo necessario per la realizzazione del disco, sono accadute molte cose nella mia vita privata (come, ovviamente, in quella di tutti gli altri membri della squadra), quindi il progetto ha subito dei rallentamenti notevoli, dovuti anche alle oggettive difficoltà tecniche, oltre che alla mia inesperienza. Questo non fa che rendermi ancora più fiero di questo lavoro e più motivato ad andare avanti con i prossimi.
8) Hai un pezzo preferito in particolare?
Non proprio. Ci sono due brani del disco che, per come sono riusciti, mi rendono particolarmente fiero di come ho affrontato le relative “sfide compositive”: una è la suite del disco, “One prophet”, e l’altra è l’acustica “Beyond the edge of the world”. Mi ricordano che la musica può e deve essere complessa o semplice a seconda delle esigenze, purché sia buona musica.
9) Avete intenzione di proporre il disco dal vivo, quando sarà possibile farlo?
Non è in programma, non credo che sarà possibile farlo. Le persone coinvolte in questo album sono fisicamente molto lontane tra loro. Ci sono artisti stranieri (Norvegia, Svezia, Argentina) e anche gli italiani non sono proprio dietro l’angolo (Milano, Napoli, Roma, Piacenza, Venezia). Era stato così anche per il primo album e per il singolo ‘The Shadow Out of Time’ (2019), fa parte del concetto stesso di Mindfar. Ovviamente resta il sogno di portare questa musica sul palco, spero che un giorno sarà possibile.
10) Un musicista che vorresti incontrare per fare quattro chiacchiere?
Non saprei rispondere con un solo nome; mi piacerebbe approfondire il pensiero di personaggi come Francesco De Gregori, o Peter Gabriel, o James Hetfield, e se fosse possibile fare un viaggio nel passato, sarebbe bello avvicinarsi alle visioni artistiche di Greg Lake, o, giacchè si sogna, Antonio Vivaldi. La lista sarebbe infinita.
11) Con un budget illimitato a disposizione, cosa progetteresti per il futuro di Mindfar?
Per il futuro di Mindfar i progetti non cambierebbero: realizzare delle rock opera sempre migliori, raccontare grandi storie in musica facendole interpretare al miglior cast possibile di volta in volta. Con un budget illimitato affronterei diversamente le difficoltà tecniche, pubblicherei dischi molto più velocemente, ma tutto qui. La strada da seguire e i progetti in cantiere resterebbero gli stessi.
Le voci:
Ignacio Rodriguez (Damnation Angels, Azeroth) as The Prophet
Ciao Armando, complimenti vivissimi per il disco e benvenuto a questa intervista.
Ciao Giovanni, grazie mille per i complimenti, per questo spazio e per aver dedicato del tempo a questo progetto. Sono felice che ti piaccia!
1) Parlaci brevemente del concept dietro Prophet of the Astral Gods. Da dove è venuta l’ispirazione per la storia?
Il concept non è opera mia, ma dello scrittore Vincenzo Mottola: all’inizio di questa collaborazione mi propose una serie di soggetti tra cui scegliere e, dopo la mia scelta, ha sviluppato trama e personaggi ed ha scritto i testi dell’album. Sostanzialmente, nella trama si narra, con un ottimo pretesto fantascientifico, della storia dell’umanità , accompagnata attraverso tutta la sua evoluzione da un personaggio chiamato Il Profeta, che osserva e guida gli esseri umani per assolvere il suo compito, affidatogli dai suoi Dei Astrali.2) Si riconoscono diverse influenze musicali nell’album. Quali sono state quelle più importanti per voi?
Le mie influenze come compositore sono le più svariate. Ogni nuovo brano risulta influenzato da qualcosa di diverso. Il lato progressive che avevo mostrato nel primo album Mindfar (The Dark Tower, del 2017), in questa occasione è stato affiancato da influenze più melodiche e dirette, e quindi classic/power. La parte sinfonica inoltre è molto più accentuata, perché semplicemente è questo che la storia richiedeva.
3) In ‘The Eye of Ra’ ci sono passaggi orientaleggianti. Ti sei ispirato anche ad atmosfere etniche o folk nella composizione del disco?
Non direi. La composizione delle singole canzoni era come un gioco, una sfida compositiva: trasmettere in musica l’atmosfera del periodo storico di cui si parlava nel testo. “The eye of Ra” è ovviamente ambientata nell’antico Egitto, quindi mi è sembrato naturale usare strumenti etnici e scale orientali, per dare un sapore musicale adatto. Lo stesso concetto è applicabile a ogni brano e ogni ambientazione.
4) Il periodo di quarantena ti ha aiutato come artista? Magari dandoti più tempo da dedicare in fase di scrittura o registrazione?
Quando il primo lockdown è iniziato, erano già stati registrati tutti gli strumenti dai vari musicisti, eravamo nella fase della registrazione delle voci. I cinque straordinari cantanti ospiti hanno avuto più tempo da dedicare alle registrazioni, perché purtroppo le loro attività live sono state interrotte dalla pandemia ed erano, loro malgrado, liberi da altri impegni. In questo senso, la registrazione è stata velocizzata. Quanto a me, ho potuto dedicarmi con maggiore intensità in quel periodo allo studio della musica e alla composizione di nuovo materiale (attività , questa, che comunque non conosce sosta), oltre che alla gestione di tutto il lavoro per questo album.
5) Di quale aspetto del disco sei più soddisfatto?
In questo particolare momento, all’indomani della pubblicazione, sono soddisfatto di ogni singola componente del disco, sia musicale, lirica, tecnica e grafica... non sono lucido nel giudizio, ovviamente. Inoltre c’è un altro aspetto che mi dà grande soddisfazione: aver creato una rete di belle persone, di bei rapporti umani e musicali, da cui so per certo che nascerà nuova musica, indipendentemente da me o da Mindfar. La squadra di ‘Prophet of the Astral Gods’ è fatta sì di grandi artisti, ma anche di ottime persone.
6) L’album è stato realizzato con la partecipazione di tanti musicisti e cantanti ospiti. Quali sono le differenze tra un progetto come Mindfar ed i meccanismi di una band “convenzionale”?
C’è tantissima differenza. In una band c’è bisogno di cose diverse; In Mindfar non è necessario essere tutti presenti in una sala prove, non è necessario essere d’accordo su ogni nota, non è necessario partecipare a un certo disco o brano se non si vuole. D’altra parte, in Mindfar non puoi seguire fisicamente le registrazioni di tutti Diverse difficoltà che sarebbe facile affrontare in una band, diventano più opprimenti e frenanti, se affrontate da soli. Oltre a gestire Mindfar, comunque, sono attualmente nella nuova line up dei Ghost City, coi quali stiamo lavorando a un nuovo disco, di cui è stato pubblicato il primo singolo (The Prestige, nel 2020), per cui non mi faccio mancare neanche il lavoro da band.
7) E' stato difficile coordinare così tante persone nella realizzazione del disco?
È stato difficilissimo, una delle cose più difficili che abbia mai fatto. Nel corso del tempo necessario per la realizzazione del disco, sono accadute molte cose nella mia vita privata (come, ovviamente, in quella di tutti gli altri membri della squadra), quindi il progetto ha subito dei rallentamenti notevoli, dovuti anche alle oggettive difficoltà tecniche, oltre che alla mia inesperienza. Questo non fa che rendermi ancora più fiero di questo lavoro e più motivato ad andare avanti con i prossimi.
8) Hai un pezzo preferito in particolare?
Non proprio. Ci sono due brani del disco che, per come sono riusciti, mi rendono particolarmente fiero di come ho affrontato le relative “sfide compositive”: una è la suite del disco, “One prophet”, e l’altra è l’acustica “Beyond the edge of the world”. Mi ricordano che la musica può e deve essere complessa o semplice a seconda delle esigenze, purché sia buona musica.
9) Avete intenzione di proporre il disco dal vivo, quando sarà possibile farlo?
Non è in programma, non credo che sarà possibile farlo. Le persone coinvolte in questo album sono fisicamente molto lontane tra loro. Ci sono artisti stranieri (Norvegia, Svezia, Argentina) e anche gli italiani non sono proprio dietro l’angolo (Milano, Napoli, Roma, Piacenza, Venezia). Era stato così anche per il primo album e per il singolo ‘The Shadow Out of Time’ (2019), fa parte del concetto stesso di Mindfar. Ovviamente resta il sogno di portare questa musica sul palco, spero che un giorno sarà possibile.
10) Un musicista che vorresti incontrare per fare quattro chiacchiere?
Non saprei rispondere con un solo nome; mi piacerebbe approfondire il pensiero di personaggi come Francesco De Gregori, o Peter Gabriel, o James Hetfield, e se fosse possibile fare un viaggio nel passato, sarebbe bello avvicinarsi alle visioni artistiche di Greg Lake, o, giacchè si sogna, Antonio Vivaldi. La lista sarebbe infinita.
11) Con un budget illimitato a disposizione, cosa progetteresti per il futuro di Mindfar?
Per il futuro di Mindfar i progetti non cambierebbero: realizzare delle rock opera sempre migliori, raccontare grandi storie in musica facendole interpretare al miglior cast possibile di volta in volta. Con un budget illimitato affronterei diversamente le difficoltà tecniche, pubblicherei dischi molto più velocemente, ma tutto qui. La strada da seguire e i progetti in cantiere resterebbero gli stessi.
Le voci:
Ignacio Rodriguez (Damnation Angels, Azeroth) as The Prophet
Claudia Beltrame (Degrees of Truth) as The Oracle
Anders Skold (Veonity) as The Dictator
Guido Macaione (Crimson Wind) as The Messiah Tom
Vidar Salangli (Dimension Act) as The Sailor
La band:
Alex Mele - Guitars (Kaledon, ScreaMachine)
Alessandro Battini - Keyboards (Dark Horizon, Ghost City, Sangreal)
Manuele Di Ascenzo - Drums (Kaledon)
Andrea De Paoli - Keyboards (Shadows of steel, Maze of heaven, ex-Labyrinth, ex-Vision Divine) Gianluca Carlini - Guitars (Great Master, Sangreal)
Micael Branno - Bass (Ghost City)
https://www.facebook.com/MindfarMusic/
Tags:
Interviste