Recensione: Bon Jovi - What about now (2013)


Come sará il nuovo album dei Bon Jovi? Non scervellatevi troppo, lo sapete esattamente. "Ma come, lo sappiamo?" "Sí, vi ho detto che lo sapete".

Si dice che la gente voglia essere rassicurata e in questo i Bon Jovi sono i numeri uno, perché sorprese non ce ne hanno mai fatte (e mai ce ne faranno), e questo What about now suona, purtroppo, esattamente come tanti altri dischi del recente passato.
Ok, è difficile rimanere ispirati per una vita, ma provare a fare qualcosa di diverso? E fare, magari, una copertina migliore?
Il livello di questo disco è più o meno come quello precedente, The circle, l'avete ascoltato? Ok no. Per colmare questo tipo di lacune, ho recentemente recensito la discografia (in pillole) degli ex cotonati del New Jersey, cliccate qui se non l'avete ancora letta.

Because we can e What about now non sono canzoni particolarmente ispirate (soprattutto la prima), ma hanno un appeal radiofonico e alla fine (molto, alla fine) funzionano grazie alla loro positività. L'originalità scordatevela, se vi venisse il dubbio.
Le inframezza I'm with you, canzone dal post ritornello imbarazzante, salvata in corner (in scivolata disperata) dal bel solo di Sambora. Pictures of you sarebbe anche una buona canzone, ma con un arrangiamento e dei suoni diversi (ma che cavolo succede all'inizio??) e Amen fa gridare al miracolo come suggerisce il titolo, ma non perchè sia una canzone eccezionale, bensì perchè non si sentiva Jon cantare delle note lunghe da un sacco di tempo. Scordatevi peró le note di I believe o Always, giusto per essere chiari.

That’s What the Water Made Me Ã¨ il solito schema pop bonjoviano (comincia come Just Older), ma il pezzo ha una carica non indifferente, grazie a dei ritornelli pompatissimi dalla produzione, ed è uno dei punti forti del disco. What's left on me è la classica canzone "sentite le prime 1000, sentite tutte" con il solito super allegro "hey hey" ripetuto mille volte, che ricorda parecchio da vicino la non troppo lontana (e trascurabile) Lost Highway, con toni troppo soft rock americani. Inoltre odio profondamente quando Jon dice "Hey Hey". Hai 50 anni, porca pupazza, smettila.

Army of one tenta finalmente qualche cosa di diverso, purtroppo fa cagare. Tiene botta in questo senso pure Thick as thieves, brano malinconico che potrebbe portare al suicidio, se ascoltata in un momento di particolare tristezza. A questo punto è un bene che la band riprenda con il pilota automatico, almeno si ritorna su toni gradevoli. Beautiful world è la solita canzone allegra e positiva, ma scongiura il pericolo suicidio causato dalle precedenti canzoni e Room at the end of the world è una canzone di cui tutto il mondo avrebbe potuto fare tranquillamente a meno, un riempitivo come pochi. The fighter, una ballata Springsteenina sempre lontana dai livelli di un tempo, ma che si fa ascoltare con piacere. Ci accontentiamo. O no?

Disco nel complesso gradevole, rassicurante, perfetto come sottofondo, ma nulla di piú. Non voglio fare il nostalgico, ma quando ascolto Keep the faith (per dirne uno), smetto di fare quello che sto facendo e mi metto a cantare. Ragazzi, la smettiamo di fare dischi tanto per farli?

Voto 55/100
Top tracks: What about now, That's what the water made me, Beautiful world
Skip tracks: Army of one, Room at the end of the world

Tracklist:
“Because We Can”
“I’m With You”
“What About Now”
“Pictures of You”
“Amen”
“That’s What the Water Made Me”
“What’s Left of Me”
“Army of One”
“Thick as Thieves”
“Beautiful World”
“Room at the End of the World”
“The Fighter”
Giovanni Gagliano

Passionate about music I wrote my first article for "Given To Rock" in 2012, reaching now 30K global followers. I am also a musician, gigging around London.

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