Recensione: Judas priest - Redemeer of Souls (2014)


Un nuovo disco dei Judas Priest? Ma non si erano ritirati?
Si, ne parlavano, ma non lo hanno fatto (come milioni di altri gruppi). Quindi eccoli qui con il loro ennesimo disco da studio. Partiamo, prima di tutto, con Rob Halford. Lo avevo sentito male, anzi malissimo, nel tributo a Ronnie James Dio con una prestazione da "poltrona" (nel senso che sembrava cantasse mentre era seduto in poltrona), quindi avevo un po' paura ad ascoltare questo nuovo disco. Pericolo scampato: é vero che il cantato di Rob si assesta decisamente su tonalitá piú basse rispetto al passato, eliminando quasi del tutto i suoi acuti, ma almeno non ha la grinta di Stanlio e Ollio (cit) come nel disco citato. Il suo cantato, quindi, é ancora abbastanza incisivo, a parte qualche traccia. 

Riguardo il chitarrista Richie Faulkner che ha rimpiazzato lo storico K.K. Downing? Tutto Ok, il chitarrista sa il fatto suo e le chitarre in questo album suonano davvero bene. Se c'é una cosa che mi colpí dei Judas quando li vidi live 3 anni fa all' High Voltage festival qui a Londra, furono proprio i suoni delle chitarre, che suonano metal al 100%. Tutte le chitarre Heavy metal dovrebbero suonare cosí.

Il disco parte benissimo e le prime 3 canzoni colpiscono per convinzione e attitudine. Non cercate cose innovative, perché non ce ne sono, il disco é magnificamente "ignorante" e non vuole dire nulla di nuovo, pensate solo che la terza canzone si chiama Halls of Valhalla... Inoltre, alcune idee sono prese qui e li e non sará difficile dire "ah, ma questo riff ricorda quest'altro dei..." Ció nonostante il disco funziona perché fatto con molto mestiere e una produzione pressoché perfetta. Certo, ci sono un paio di canzoni che avremmo potuto fare a meno di sentire e questo mi fa incazzare parecchio in quanto le canzoni sono ben 13 e non c'éra assolutamente bisogno di riempitivi, ma vabbe', é sempre il solito discorso. Punto forte del disco é sicuramente Battle cry, dove la band sembra ringiovanita di vent'anni ed il grande Scott Travis puó finalmente lasciarsi andare ad un drumming piú veloce e variegato. Una ballata priest vecchia maniera, Beginning of the end, chiude il disco. Non sono mai stato un fan delle (poche) ballad dei Judas, ma se vi piacciono le vecchie, vi piacerá anche questa, probabilmente.

Disco magnificamente ignorante ma con qualche traccia sottotono. Se vi piace il genere e/o apprezzate i Priest, dategli un ascolto. Rispetto estremo per chi, dopo 40 anni, riesce ancora a sfornare dei buoni prodotti come questo.

Voto: 68/100
Top tracks: Dragonaut, Reedemer of souls, Battle cry
Skip track: Secrets of the dead

Tracklist:
01. Dragonaut
02. Redeemer Of Souls
03. Halls Of Valhalla
04. Sword Of Damocles
05. March Of The Damned
06. Down In Flames
07. Hell & Back
08. Cold Blooded
09. Metalizer
10. Crossfire
11. Secrets Of The Dead
12. Battle Cry
13. Beginning Of The End